lunedì 24 dicembre 2012

Un si che ha salvato il mondo

Noi cristiani siamo abituati a considerare, a ragione, il mese di maggio come quello più tradizionalmente legato alla devozione mariana. E’ stato indubbiamente il forte senso di pietà popolare del mondo contadino a collegare il culto di Maria con il ciclo agrario. Maggio è il mese del risveglio della natura, nel quale si ottengono i primi frutti, sbocciano in tutta la loro bellezza ed armonia i fiori e Maria, primizia della creazione, è certamente il simbolo di tutta questa bellezza ed armonia. 

Ma dal punto di vista propriamente liturgico è dicembre il mese mariano per eccellenza. La lettura liturgica del vangelo propone in questo mese innanzitutto la figura della vergine Maria che, attraverso i vari momenti dell’annunciazione, della visitazione, della presentazione al Tempio, ci accompagna al mistero della nascita di nostro Signore Gesù Cristo. Tutto ciò spiega la profonda e antichissima devozione che i primissimi cristiani e i Padri della Chiesa hanno riservato alla Vergine. E’ il vangelo di Matteo quello che con più forza proclama che le Scritture si compiono in Gesù attraverso Maria: 

Tutto questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio che sarà chiamato Emmanuele, che significa Dio con noi” (1, 22-23). 

Viene qui richiamata un’antica profezia del libro di Isaia che possiamo leggere al capitolo 7: 

“In quei giorni, il Signore parlò ad Acaz: “Chiedi un segno dal Signore tuo Dio, dal profondo degli inferi oppure lassù in alto”. Ma Acaz rispose: “Non lo chiederò, non voglio tentare il Signore”. Allora Isaia disse: “Ascoltate, casa di Davide! Non vi basta stancare la pazienza degli uomini, perché ora vogliate stancare anche quella del mio Dio? Pertanto il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele, cioè Dio-con-noi” (Isaia 7, 10-14). 

C’è, però, chi si oppone a questa visione, infatti la maggior parte degli studiosi laici, insieme a studiosi ebrei ritengono che questo versetto di Isaia faccia invece riferimento a un figlio del Re di Giudea Acaz, piuttosto che alla madre di Gesù, quando il versetto è letto nel contesto del capitolo 7 di Isaia (Howard W. Clarke, "The Gospel of Matthew and its readers: a historical introduction to the First Gospel"). Altri spiegano che la verginità di Maria non sia altro che un’errata traduzione in greco della parola ebraica “almah” (giovane donna) in “parthenos” (vergine) al momento della composizione della Bibbia dei Settanta (Pepe Rodrìguez, “Verità e menzogne della Chiesa Cattolica” Editori Riuniti, Roma 1998). 

Ovviamente sulla scia di tale dissenso tra gli studiosi si insinua la perniciosa subcultura pseudo storica laicista che arriva addirittura ad affermare che il culto della verginità di Maria non sia altro che un retaggio cristiano del culto pagano della dea Madre, quella che secondo loro sarebbe stata la ruach ebraica. (L. Malucelli “Tutto ciò che sai è falso” vol. 2, Ed. Nuovi Mondi Media 2004). I veri cristiani primitivi, ovviamente gli gnostici, si sarebbero scandalizzati di tale culto e di ciò ne sarebbe rimasta traccia nel vangelo detto di Filippo dove leggiamo: 

Taluni hanno detto che Maria ha concepito dallo Spirito Santo. Essi sono in errore. Essi non sanno quello che dicono. Quando mai una donna ha concepito da una donna?" (Vangelo di Filippo, 17, M. Craveri, “I Vangeli Apocrifi” Einaudi, Torino 1969). 

Si possono liquidare brevemente le fantasie laiciste ricordando loro che il vangelo di Filippo non riporta assolutamente l’opinione dei “veri” cristiani primitivi essendo uno scritto valentiniano datato tra il II ed il III secolo d.C. e che il termine ebraico ruach non indica affatto la dea Madre, ma lo Spirito di Dio. Tale termine, però, essendo femminile, ha tratto in errore i valentiniani che lo hanno scambiato per una donna. La verità è che i cristiani primitivi, già quelli del I secolo, quindi molto prima dei valentiniani, credevano nella verginità di Maria. Basta pensare alle lettere di Ignazio di Antiochia, vissuto alla fine del I secolo, dove è proclamata la nascita verginale di Gesù. 

La questione più seria riguarda l’esatta traduzione del termine ebraico “almah” che compare nel capitolo settimo di Isaia. La traduzione “vergine” usata nelle versioni cristiane di Isaia 7,14 è giustificata perché presa dalla versione di Isaia della Septuaginta. Questa, che è stata tradotta da ebrei, usa la parola vergine, quindi anche l'originale doveva essere inteso come vergine. (Rabbi Tovia Singer, "A Christian Defends Matthew by Istinting That the Autor of the First Gospel Used the Septuagint in His Quote of Isaiah to Support theVirgin Birth") . D’altronde è noto che la Septuaginta (risalente al III secolo a.C.) era usata da tutti gli ebrei della diaspora, fino al I secolo dopo Cristo, perché la lingua greca era la lingua comune. Quindi anche Matteo e tutti gli apostoli conoscevano ed usavano quella versione. 

Sarebbe un grosso azzardo sostenere il fatto che i rabbini possano aver sbagliato la traduzione. In effetti il termine “almah” (giovane donna) non esclude il fatto che la giovane non sia vergine. Per esempio, in Gn 24, 16 quando il servo di Abraamo andò a Caran a cercare una sposa per Isacco, il termine ebraico usato per fanciulla, “naarah”, non esclude la sua verginità, infatti leggiamo: "La fanciulla era molto bella d'aspetto, vergine; nessun uomo l'aveva conosciuta...". Più avanti in Gn 24, 43, quando la fanciulla è al pozzo, viene usato il termine “almah” sempre indicando una ragazza vergine. Quando veniva usato il termine “almah” ci si riferiva ad una giovane donna vergine, cioè che non aveva avuto rapporti sessuali con un uomo. 

Ma oltre a questo c’è anche da considerare il senso generale del versetto di Isaia. Che cosa di strano ci sarebbe, tanto da essere considerato un “segno”, nel fatto che una giovane donna partorisca un figlio? Invece il fatto che una vergine partorisca un figlio è cosa degna di essere notata e considerata come qualcosa di speciale. Questo evento, per adempiere tutta la sua funzione di “segno”, deve realizzarsi in tutta la sua dimensione, in tutta la sua perfezione (Laurentin “Le mystère de la naissance virginale”, in " Eph. Mar. " 5 [1955], p. 31, nota 79). 

Anche il nome del bambino, “Emmanuele”, che letteralmente significa “Dio con noi”, lascia pensare ad un fatto eccezionale come solo una nascita verginale può lasciar intendere. Questo nome non compare mai in nessun altro punto della Bibbia, si tratta chiaramente di uno specifico riferimento messianico, come ce ne sono tanti in Isaia e nel resto dell’Antico Testamento. Come è noto “mettere il nome” per il linguaggio biblico equivale a stabilire la missione del nuovo nato e Isaia intravede in questa nascita regale , a prescindere dalle circostanze presenti, un intervento di Dio in vista del regno messianico definitivo. 

In questi giorni assieme alla nascita di nostro Signore Gesù celebriamo la vergine Maria, la primizia della creazione, attraverso la quale la Salvezza è entrata nel mondo. Colgo l’occasione per augurare un sereno e santo Natale a tutti i visitatori del blog. 



Bibliografia 

Laurentin “Le mystère de la naissance virginale”, in " Eph. Mar. " 5 [1955], p. 31, nota 7; 
Del Olmo Lete “La profecia del Emmanuel (Is 7. 10-17)" Estado actual de la interpretacion” in Eph. Mar 22 (1972); 
G.Brunet “Essai surl'Isaie de I'histoire” Paris 1975; 
M. Crispiero “Teologia della sessualità” Ed. Studio Domenicano Bologna 1994

16 commenti:

  1. @ Luis
    “Noi cristiani siamo abituati a considerare, a ragione, il mese di maggio come quello più tradizionalmente legato alla devozione mariana.”
    Distinto sig. Luis, lei deve essere persona davvero complicata, è andato ad arzigogolare su tutte le possibili obiezioni contrarie alla devozione di Maria. Non c’era bisogno che facesse tutta questa fatica, bastava che leggesse i comandamenti : “non devi prostrarti davanti a un altro dio, perché Jehovah il cui nome è Geloso, è un Dio geloso;poiché Jehovah tuo Dio è un fuoco consumante, un Dio che esige esclusiva devozione.”( Eso 34.14; Deut 4.24 )

    Non era difficile, e poiché il concetto fu ribadito anche da Gesù e dall’apostolo Paolo, “ Dio è uno Spirito, e quelli che l’adorano devono adorarlo con spirito e verità”( Gv.4.24) – “Ora Jehovah è lo Spirito; e dov’è lo spirito di Jehovah lì c’è libertà.” (2 Cor 3.17)

    Non vorrà venirci a raccontare che Maria è uno spirito, no ? E’ morta !

    p.s. interessante quell’attacco “noi cristiani”, se avesse detto noi cattolici era meglio. I cristiani non disubbidiscono così platealmente trovandosi le giustificazioni più astruse.

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    1. Mio caro Sal,
      c'era da aspettarsi questo tuo penoso attacco al culto cristiano (non è solo cattolico) a Maria, tipico dei Tdg, ma hai fatto male i tuoi conti.

      Innanzitutto ti faccio notare il significato esatto dei termini in italiano, visto che non li conosci.I cattolici, e con loro tantissimi altri cristiani, NON adorano Maria, ma la venerano. I cattolici adorano solo Dio, Creatore e Signore di tutti e di tutto. Venerare vuol dire onorare con ossequio interiore e con gesti esteriori qualche persona particolarmente degna di rispetto, di stima e d'amore.

      La venerazione di Maria non è contraria alla Scrittura, infatti già l'Angelo ed Elisabetta salutando Maria come la "Benedetta fra le donne", (Lc 1, 21-30; 1, 48-30)celebrano in Lei il favore o grazia di Dio: “Ave, o piena di grazia!”. Questi sono autentici gesti di venerazione verso Maria e danno pienamente ragione ai cattolici e a centinaia di milioni di altri cristiani, che venerano Maria, ripetendo quelle stesse parole.

      Quanto al mio "attacco" dovresti considerare che la venerazione per Maria era professata già nei primi secoli della vita della Chiesa Universale, cioè cattolica. Comunque, visto che sei ignorante, t'informo che Maria è venerata, oltre che dal cattolici, anche dagli ortodossi, dagli anglicani e da molte chiese protestanti, come ad esempio i luterani.

      Stammi bene

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  2. @ Luis
    “I cattolici, e con loro tantissimi altri cristiani, NON adorano Maria, ma la venerano.”

    Davvero interessante sig. Luis, non adorano Maria ma la venerano. E che differenza c’è ?

    “La venerazione è una forma di omaggio religioso verso una divinità, oppure verso una persona (defunta o, più raramente, vivente) o verso un oggetto sacro (ad esempio una reliquia). Filologicamente, venerare deriva dal verbo latino venerari, che significa offrire reverenza e rispetto. Questa parola deriva dalla stessa radice del nome Venus, la dea dell'amore dell'antico pantheon romano.” - Wikipedia
    Se la parola indica il culto di Venere dea dell’Amore, un culto è sempre un culto no ? Non cambia se l’adorazione a Dio viene detta venerazione solo perché in quel modo si identifica il dio e la dea a cui è rivolta l’adorazione no ?

    Bello giocare con le parole vero ?
    In pochi o in tanti la cosa non cambia anzi si aggrava.

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  3. ...non mi pare che sia scritto che deriva dal culto a Venere. Io ci capisco , al netto del valore di Wikipedia, che si fa riferimento alla dea dell'amore per dire che tale verbo (venerare) esprime appunto amare-omaggiare-riverire.
    Mi pare di capire, nella mia ignoranza e lasciando a Dio il giudizio sul cuore, che Sal tenga fermo come monolite inamovibile una forte presa di posizione anticattolica e tutto il resto vi si deve adattare.
    Un po' come i giochi dei bimbi con i buchi di tante forme (quadrato,triangolo, cerchio, stella ...) dove far entrare i vari pezzi. Solo che Sal pare avere una forma sola e, a martellate, vuole farla entrare dappertutto.
    In questo blog è diventato quasi come i personaggi dei cartoni animati, fissati nel loro ruolo...tanto che ad ogni post...attendo sempre simpaticamente la sua risposta bastian contrario :-)
    Spero di non essere stato offensivo perchè non era mia intenzione. Auguro al padrone di casa, a Sal e ai frequentatori del blog un felice anno nuovo, nella diversità di vedute e nel rispetto reciproco

    LG

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    1. A mio modo di vedere, caro LG, non sei stato per niente offensivo, anzi ti ringrazio per il tuo equilibrio e pacatezza. Sal, ormai lo conosciamo, è fatto così, ma in fondo lo ringrazio: le sue "sparate" sono sempre occasione di approfondimento.

      Ricambio gli auguri :)

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  4. @Sal
    Come ha ben detto LG, su Wikipedia non c'è scritto che "venerare" significhi "rendere culto a Venere", ma, e cito testualmente: "Filologicamente, venerare deriva dal verbo latino venerari, che significa offrire REVERENZA e RISPETTO".

    Capito Sal? Reverenza e rispetto, non adorare che è ben diverso. Nell'atto di adorare è, invece, insito il rendere culto alla divinità o comunque a esseri divinizzati, e a tutto ciò che rappresenta simbolicamente la divinità e a questa è sacro. (Treccani.it).

    Stammi bene

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    1. Cari amici, forse siete troppo giovani per aver frequentato il catechismo; ci insegnavano: culto latreutico rivolto a Dio; culto di iperdulia rivolto alla Vergine Maria; culto di dulia rivolto ai Santi canonizzati. La più grande espressione di culto latreutico è la Messa. Cordiali saluti, P.Danilo.

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    2. Grazie, Padre Danilo, della precisazione. C'è addirittura una voce di Wikipedia che illustra i tre differenti livelli di culto contemplati dalla teologia cattolica. Chissà se Sal, noto "wikipediano" se n'è accorto!

      http://it.wikipedia.org/wiki/Iperdulia

      Un saluto.

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    3. @ Luis @ LG
      Ringrazio il sig. LG per la sua gradita partecipazione e mi piace ricordare al distinto sig. Luis, che “reverenza e rispetto” si offrono a tutti e non si dice che sono “venerate”. Non è necessario essere classificato come “divinità” per avere diritto a reverenza e rispetto mascherante da “venerazione”.
      Perdonate l’incapacità tutta cattolica di arzigogolare su faccende semplici. Io ho un cervello limitato di cui mi rendo conto e per me bianco è sempre bianco, i vari grigi che gli azzeccarbugli mescolano per far digerire pillole velenose, preferisco evitarli. Magari ci perdo qualcosa ma almeno non mi faccio male.
      Non c’è bisogno di dire che si "venera" Maria per dire che la si rispetta. Molti ripettano anche il loro cane non prendendolo a calci, ma questo non c’entra con il culto che deve essere indirizzato solo al Dio. Però si sa, quando si vogliono far entrare e mantenere nello stesso recinto gusti e preferenze diverse, bisogna adattare la minestra ad ogni palato.

      “Non devi avere nella tua borsa due sorte di pesi, uno grande e uno piccolo. Non devi avere nella tua casa due sorte di efa,” ( Deut 25.13-14)

      “Sia che mangiate o che beviate o che facciate qualsiasi altra cosa, fate ogni cosa alla gloria di Dio”. — (1Co 10:31.)

      “Se vedevo la luce quando rifulgeva, O la preziosa luna che camminava, E il mio cuore era adescato in segreto “E la mia mano baciava la mia bocca, Anche questo sarebbe stato un errore da [sottoporre all’attenzione dei] giudici,Poiché avrei rinnegato il [vero] Dio di sopra.” ( Gb 31.26)

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    4. Mio caro Sal, qui nessuno gioca con le parole e i significati, si tratta solo di conoscere un minimo di vocabolario della lingua italiana, che tu evidentemente ignori. In italiano "venerare" ed "adorare" NON sono vocaboli equivalenti, se non lo sai io non posso farci niente.

      Il culto mariano è solo un atto di venerazione, la richiesta di intercessione presso il Figlio, NON l'adorazione di un essere umano. Sei solo tu e i Tdg a non capire la differenza. Eppure non è così difficile.

      Un caro saluto.

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  5. Di nuovo auguri ancora a tutti.

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  6. Caro Luis, benché tu sia il mio interprete biblico di riferimento, sull'annosa questione dell'Almah partoriente non mi hai convinto.
    Non mi sembra che ci siano questioni interpretative così difficili: il significato letterale dell'ebraico "Almah" è "giovane donna della giusta età per maritarsi" e, quindi, dati gli usi e i tempi, una presumibile vergine, ci mancherebbe altro. Ma non "una vergine in senso fisico", concetto che corrisponde, invece, come sappiano, al termine "Bethullah". E, certamente, non una vergine post coitum et partum. Anche in greco, Pàrthenos, significa, in primo luogo, giovinetta da marito e, quindi, si dovrebbe proprio presumere (come del resto fai anche tu) che i dotti antichi rabbini abbiano ben tradotto il termine ebraico.
    Ho reminiscenze solo del greco antico studiato nei nostri licei classici (vi sono Parthenai con figli nelle opere di Omero, Aristofane, ecc.), ma, fatta una veloce ed imperita indagine, sembrerebbe che lo stesso valga anche per quello biblico ( in Genesi 34,3 è "Pàrthenos" la giovane Dinah dopo lo stupro subito ad opera di tal Shechem).
    Che dire poi del contesto della cosiddetta profezia che si sarebbe avverata (le guerresche vicende di un remoto Re davidico dalla condotta piuttosto riprovevole) e del suo oggetto (la nascita di un bimbo che doveva rassicurare il suddetto monarca)?
    E la cultura dell'antico autore del testo di Isaia poteva concepire l'idea (temo palesemente blasfema, per l'epoca...) di una vergine che partorisce un Dio, figlio dell'Unico?
    A me sembra che, onestamente, si dovrebbe, da parte cattolica, rinunziare a giustificazioni logiche (e, quindi, necessariamente dia-boliche) e accettare una relazione meramente sin-bolica, capace di parlare ai cuori anche grazie alla sua intrinseca, poetica, debolezza argomentativa.
    Saluti

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  7. Caro Felsineus, la tua introduzione è perfetta: il significato letterale per "Almah" è proprio quello di "giovinetta in età da marito". Ma perché dici che non lo si dovrebbe intendere in senso "fisico"? Come spiego nel post, nella Scrittura, i vari termini "bethullah", "naarah" o "almah" acquistano il loro significato letterale dal contesto in cui sono posti. Come segno eccezionale Isaia può parlare ad Acab solo di una nascita miracolosa, come può esserla quella di un bambino da una vergine. Il contesto è chiaramente messianico, come dimostra il nome che viene posto al bambino, un nome unico nel suo genere in tutta la Scrittura.
    Il libro di Isaia è in gran parte strutturato secondo cicli di profezie riguardanti la venuta futura del Messia, l'atteso d'Israele, il Santo di Dio, colui che dovrà liberare Israele dalle sue sofferenze. Pensi che sia stato meno scandaloso ipotizzarlo come un servo sofferente? Eppure questo è quello che troviamo.
    Certamente l'agiografo che compose il testo di Isaia non poteva concepire l'idea di una vergine che partorisce addirittura Dio, questa è una evoluzione successiva che si paleserà solo nei vangeli, ma siamo di fronte, comunque, ad una fase gestazionale del mistero dell'incarnazione. Tutto il vecchio Testamento è in gran parte oscuro, se non letto con gli occhi del nuovo.

    Un caro saluto.

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  8. Come ben sai, i laici, specie quelli che, fanciulli, hanno patito solenni sottolineature con matita rossoblù dei loro errori sulle versioni di greco, propendono per la tesi dello svarione dell'evangelista. Io non faccio eccezione, anche se la mia indole goliardica mi induce a focalizzare la mia attenzione sulla liceità di rendere in italiano il nome del re davidico nel bellissimo ed evocativo "Acaz", piuttosto che nell'antipatico "Acab", corrispondente al noto stupido acronimo.
    Tornando a noi, penso che quando parli di "fase gestazionale del mistero dell'incarnazione" non ti poni poi così lontano dalla visione simbolica che ti proponevo.
    Isaia profetizza la sicura salvezza del regno di Giudea, minacciato all'epoca del tristo Acaz, entro il sopraggiungere dell'età della ragione del figlio di una non ben precisata fanciulla, presumibilmente vergine nel momento della profezia, ma che non vi è ragione (letterale) di ritenere tale nel momento del concepimento.
    Nulla vieta che in senso simbolico e poetico (poesia è poiesis, ossia creazione, attività propria del Creatore) questo evento diventi il modello di una nuova profezia che ha ad oggetto una Vergine partoriente.
    Se poi l'autore di Isaia era, come anche tu dici, estraneo all'idea di un Dio che può essere generato da una donna, quel "Dio con noi" doveva ovviamente assumere un senso diverso (che il Creatore potrebbe aver deciso di rendere più pregnante).
    Mi chiedo inoltre (a naso direi di no, ma in realtà non lo so) se l'autore di Isaia, potesse perlomeno conoscere esempi di precedenti nascite da una vergine, tratte dalla Scrittura...comunque, mi pare che sia stato piuttosto rapido e scarno e poco tassativo nel riferire un evento che si dovrebbe assumere come del tutto straordinario...
    Saluti.

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  9. Interventi straordinari felsi. Sull'ermeneutica del dogma ci sarebbe da stare anni e questo è un periodo particolarmente "fecondo" per una riflessione su questo argomento da parte mia. Se ne parlerà :)

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  10. Ah, ah, ah, ah è vero Felsy, ho scritto una "b" invece che una "z", chissà che avrà pensato la vecchia Moby Dick :D

    Credo che il punto sia proprio questo: il senso del vaticinio di Isaia al re. Acaz vuole rinunciare all'aiuto di Dio per fidarsi del terribile re di Assiria, ma Isaia promette un SEGNO del Signore, lo presenta con grande solennità come un segno divino suscitando l’attesa di un concepimento straordinario. Questo spiega perché nella traduzione greca dei settanta venga usato il termine "vergine".

    Certamente la promessa è quella del dissolvimento della minaccia aramea, ma un tale solenne annuncio del segno dell’Emmanuele, "Dio-con-noi", implica necessariamente un significato ulteriore, più grande, cioè la promessa della presenza divina nella storia (tema sempre ricorrente in Isaia), ossia l'annuncio del Messia. Per la gran parte degli ebrei tali riferimenti messianici restano oscuri, ma non lo furono per i primi cristiani che troveranno la pienezza del loro significato nel mistero dell’Incarnazione del Verbo.

    Salutoni

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