giovedì 31 gennaio 2013

Gesù e Horus

Tra le più bizzarre falsità che si possono leggere nei vari siti anticristiani che riempiono il web, e che la propaganda laicista spaccia per verità storiche, c’è sicuramente l’assurda teoria del parallelismo tra la figura di Gesù di Nazareth e il mito di Horus, l’arcaica divinità egizia. 

Questa teoria, nata nel XIX secolo in ambienti anticristiani britannici, è stata rispolverata, col il libro “The Christ Conspiracy” del 1999, dalla famigerata pseudo-archeologa D. M. Murdock, meglio conosciuta con lo pseudonimo di Acharya S, e replicata in rete nel 2007 dal film Zeitgeist: the movie. Questa storiella, raccontata per abbindolare i creduloni, tratta di un supposto parallelismo tra i due personaggi fin nei più piccoli dettagli. 

Sinteticamente, tra le tante sciocchezze affermate, in particolare si afferma che Horus sarebbe nato il 25 dicembre dalla vergine Isis-Meri in una grotta e che il suo concepimento sarebbe stato annunciato dall’angelo Thoth. Horus, al pari di Gesù, avrebbe avuto un padre putativo, Seb (Joseb), sarebbe stato battezzato nel fiume Eridano (Giordano) da un certo Anup “il battista”, avrebbe avuto 12 discepoli, sarebbe stato chiamato con vari nomi simbolici tipo “la verità”, la “luce”, “il figlio eletto di Dio”, e così via… finché, alla fine, sarebbe stato crocifisso e poi risorto. 

A prima vista tutte queste incredibili coincidenze tra la storia di Gesù dei vangeli ed il mito di Horus lascerebbero pensare che davvero i primi cristiani avessero scopiazzato un mito preesistente e che il cristianesimo sia solo tutta una farsa, ma le cose non stanno così. Se sottoponiamo questa teoria al vaglio della ricerca storica, confrontandola con le conoscenze dell’egittologia, ci si accorge immediatamente che si tratta i una colossale bufala. 

Innanzitutto non esiste un solo mito di Horus, infatti come divinità solare è Haroeris, Harakhthe, Harmakhis, Horo di Behedet. Come figlio di Iside è Arpocrate (Horus bambino), Harsiesi (figlio di Iside), Harendotef (Horus vendicatore del padre). Horus è soprattutto il dio dinastico, è colui che siede sul trono di suo padre Osiride e nel quale ogni sovrano vivente si identifica. Ognuno di tali miti ha una sua storia che differisce l’uno dall’altra. Con quali di tali miti vennero a contatto i cristiani? La Murdock non lo dice. Ma ciò che fa più sorridere è il fatto che al tempo della redazione dei vangeli (I secolo) la religione egiziana non è più quella del mito di Horus del 3000 a. C.. E’ assolutamente improbabile che un mito oscuro, lontanissimo dalla cultura ebraica, non più professato nell’Egitto del I secolo d.C., possa venir rispolverato dai redattori, seppur ritenuti fraudolenti, dei vangeli. Con la lunga dominazione tolemaica, l’Egitto si era totalmente ellenizzato e la religione aveva completamente perso i suoi connotati antichi originari. Nel I secolo d.C. in Egitto non veniva più da tempo adorato Horus, ma Serapide una nuova divinità composita greco-egiziana, che sommava le caratteristiche di Osiride (il dio del Nilo), Asclepio (il dio della guarigione), Giove (il dio supremo dell'Olimpo, Zeus, adattato per l'uso romano) e Plutone (il dio degli inferi). Lo stesso culto di Iside, che si diffuse in tutto l’impero romano, costituisce un tipico esempio di come un nuovo adattamento del mito abbia potuto quasi del tutto perdere le sue caratteristiche originali. Ciò testimonia la tipica tendenza della cultura greca di trasmutare ogni tratto preso in prestito in una espressione del pensiero ellenico (G. Miller, Enciclopedia delle Religioni). 

Ma anche volendo confrontare la storica vicenda gesuana con l’antico mito di Horus ci si accorge immediatamente delle profonde differenze esistenti e delle spudorate invenzioni della Murdock. Infatti, ad esempio, non risulta in nessun punto del mito di Horus una nascita il 25 dicembre. Del resto ciò sarebbe del tutto impossibile essendo il giorno di nascita di Horus contemplato tra i 5 giorni epagomeni, ovvero gli ultimi 5 giorni dell’anno Egizio, che cadono a cavallo tra giugno e luglio (il Capodanno egizio si festeggiava al momento della levata eliaca della stella Sirio, ovvero con l’avvento della piena del Nilo). In realtà Horus, secondo il mito nacque l’ultimo giorno del mese di Kohiak, ovvero il 15 novembre (e non il 25 dicembre). Inoltre la data del 25 dicembre non ha alcuna rilevanza, in quanto non è mai indicata nei vangeli come la data di nascita di Gesù. Secondo il mito, Horus non è nato affatto in una grotta ma nella palude del delta del Nilo. Horus, inoltre, non è nato da una vergine. Infatti un antico rilievo egiziano raffigura questo concepimento mostrando Iside sotto forma di un falco che, negli inferi, “utilizza” il fallo eretto di Osiride morto. In nessun mito di Horus c’è la notizia di un’annunciazione e tantomeno di un angelo di nome Thoth che, infatti, non era affatto un angelo ma il dio della conoscenza dalla testa di ibis. Il nome del dio padre di Osiride e di Horus non è affatto Seb, nome inesistente, ma Geb e non si tratta affatto di un padre putativo, ma secondo la cosmologia eliopolitana, di un padre naturale. E così via tutte le altre affermazioni si rivelano delle vere e proprie falsità: il fiume Eridano non esiste affatto, ma è una costellazione che nella cultura greco-romana, e non quella egiziana, rappresenterebbe il fiume Po; i soli ed unici titoli di Horus erano: Grande Dio, Signore delle Potenze, Signore dei Cieli e Vendicatore di Suo Padre; Horus non fu mai battezzato, tantomeno da Anup, che sarebbe il nome egizio del dio Anubi, il quale, peraltro, non ebbe mai l’appositivo di “battista”; dodici apostoli, crocefissione e resurrezione non fanno parte del mito di Horus, tutte fantasie della Murdock. 

L’aspetto più sconcertante di questa penosa vicenda è che la Murdock, che non è neppure un’egittologa, non cita né fonti e né documenti, ma trae questa teoria quasi interamente dalle opere di uno pseudo egittologo autodidatta della seconda metà del 1800, un certo Gerald Massey, esponente della massoneria, poeta e scrittore. Appassionato di civiltà egizia, lo scrittore apprende da autodidatta l'arte di decifrare i geroglifici. La sua teoria, che vuole instaurare un parallelismo tra la vita di Horus e quella di Gesù, si basa solo su un rilievo, che si troverebbe nel tempio di Luxor, da lui solo interpretato come raffigurante l’annunciazione, la nascita e l’adorazione di Horus, con Thoth che annuncia alla vergine Iside il concepimento di Horus. Ma Massey riguardo a tale raffigurazione non fornisce alcun identificazione di tale rilievo e neppure l’esatta ubicazione nel tempio. A tal riguardo la comunità scientifica è completamente scettica e ha rigettato senza riserve le teorie di Massey criticando aspramente l’“interpretazione” fornita, come ben riassunto dall’intervento dello storico dell’antichità e filosofo ateo, Richard Carrier: "Le opere di Massey, che tentano di stabilire un più generale parallelismo tra la religione giudaico-cristiana e la religione egizia, sono assolutamente disconosciute dalla moderna egittologia e non sono menzionate nell'Oxford Encyclopedia of Ancient Egypt o in qualche altra opera di riferimento di questa branca accademica. Massey non è infatti nominato né in "Who Was Who in Egyptology" di M. L. Bierbrier (III ed., 1995), attuale lista degli egittologi internazionali di riferimento, né tanto meno nella più estesa bibliografia sull'antico Egitto, stilata da Ida B. Pratt (1925/1942), universalmente riconosciuta dalla comunità internazionale degli egittologi". 

Un professore di Harvard e della Manchester University, W. Ward Gasque ha condotto un sondaggio internazionale tra il Canada, Stati uniti, Regno Unito, Australia, Germania e Austria raccogliendo il parere di venti egittologi tra i più eminenti, tra cui il professor Kenneth Kitchen dell’Università di Liverpool e Ron Leprohan, professore di Egittologia presso l’Università di Toronto, per analizzare scientificamente l’attendibilità delle affermazioni della MurdocK e di Massey. Gli studiosi sono stati unanimi nel respingerle (W. W. Gasque “The Leading Religion Writer in Canada…Does He Know What He’s Talking About?” George Mason University’s History News Network). 

In conclusione si rimane veramente sconsolati dalla pochezza scientifica alla base delle roboanti asserzioni della Murdock. Un’egittologia sgangherata, piena di imprecisioni che ignora gli studi più moderni per riferirsi a documenti datati di un’epoca post-vittoriana dove persino la lettura geroglifica era del tutto approssimativa. La sconcertante diffusione sul web di questa sciocchezza del parallelismo tra Gesù e Horus non è altro che l’ennesima conferma del modo di agire della propaganda laicista. Una semplice teoria fantasiosa, costruita da una persona totalmente incompetente e senza alcuna preparazione accademica, diviene immediatamente una rivelazione storica indiscutibile soltanto perché vuole gettare un’ombra sulla solidità storica delle origini cristiane. 


Bibliografia 

Bud.ERR “Budge” E. Wallis. 1961. 
Meek.DL Meeks, Dimitri. “Daily Life of the Egyptian Gods”. 1996. 
Short.EG -- Shorter, Alan. “Egyptian Gods: A Handbook”. 1937. 


lunedì 14 gennaio 2013

Quando i giudici esagerano

Tre giorni fa una sentenza della Cassazione, nel respingere il ricorso di un padre contro l’affidamento del figlio alla madre convivente con un’altra donna, ha stabilito che sia un mero pregiudizio il fatto che sia dannoso per l’equilibrato sviluppo del bambino il fatto di vivere in una famiglia incentrata su una coppia omosessuale. La sentenza ha inoltre stabilito che “non si può dare per scontato ciò che invece è da dimostrare, ossia la dannosità di quel contesto famigliare”. 

Ovviamente non contesto la decisione dei giudici, viste le gravi e conclamate colpe di un padre assente e violento, ma certamente alcune motivazioni della sentenza lasciano molto perplessi. 

Come fanno dei giudici a stabilire cosa sia un mero pregiudizio? Su quali basi scientifiche? Come fanno a stabilire in assoluto che per la crescita e la maturazione psicologica, relazionale e affettiva di un bambino, uno dei due genitori è inutile? Con quali argomenti, con quali certezze giuridiche e scientifiche questi giudici si sono potuti spingere fino a negare scienze come la sociologia, la psicologia e la psichiatria che ribadiscono l’importanza basilare della complementarietà della figura maschile e femminile dei genitori nello corretto sviluppo del bambino? E il diritto naturale completamente ignorato? Il diritto del minore ad avere un padre ed una madre secondo la naturale evoluzione della vita?

Tra l'altro la superficialità dei giudici non sarà senza conseguenze, infatti la sentenza è stata subito strumentalizzata dall'apparato mediatico laicista che l'ha subito utilizzata per cercare di forzare la mano alla politica, con buona pace del diritto naturale dei bambini.   

La sentenza ha ricordato anche che “non si può dare per scontato ciò che invece è da dimostrare”, ciò è certamente giusto, ma è altrettanto giusto e corretto non sbilanciarsi in affermazioni che sono anch’esse tutte da dimostrare. Questa volta i giudici hanno davvero passato il segno, esagerato, si sono inoltrati in una materia in cui erano incompetenti.

sabato 12 gennaio 2013

Mario Tozzi, il geologo tuttologo

Tra i personaggi più o meno noti dell’apparato mediatico italiano che non perde occasione di dar sfoggio del più bieco laicismo c’è senza dubbio il geologo televisivo Mario Tozzi. La sua immagine pacata sul piccolo schermo di competente divulgatore scientifico (anche se non sempre) stride fortemente con le sue consuete apparizioni radiofoniche. Mario Tozzi è ospite fisso in un programma radiofonico di una emittente romana molto seguita “RadioRadio”. 


Forse perché libero dai paletti imposti dalla televisione di stato, in ambiente radiofonico il nostro geologo si scatena inscenando una vera e propria dittatura di pensiero dove qualsiasi voce dissenziente viene coperta da insulti e contumelie. In questo ambito, dove Tozzi si sente il dittatore assoluto, non poteva che farne le spese la Chiesa Cattolica con i suoi sacerdoti, ritenuto il più grosso pericolo per la società contemporanea.
Per Tozzi il periodo storico più invidiabile fu senza dubbio: “La Spagna della guerra civile”, perché “i bacarozzi neri (cioè i sacerdoti) venivano inseguiti nelle Chiese e crocifissi sulle croci al posto di Gesù Cristo, cosa che aveva prodotto in Spagna un periodo di benessere sociale”, sempre dai microfoni dell'emittente radiofonica romana il pacato divulgatore scientifico ha anche informato che lui conosce “qualcuno della camorra che per 500 euro potrebbe far sparire il cardinale Ruini e anche il Tabernacolo”. Ancora il nostro illustre scienziato ha avuto modo di obiettare che “in Italia si continuano a costruire le Chiese, mentre bisognerebbe radere al suolo quelle esistenti con le ruspe o magari con la dinamite...”.

Parole a cui non c'è bisogno di aggiungere alcun commento, si tratta di normali convincimenti di chi, come la maggior parte dei laicisti, è ancora assurdamente imbevuto di retorica vetero comunista, modello URSS, già tanto cara ai celebrati Hack o Odifreddi.     

Ma oltre alla semplice invettiva ed ai propositi “democratici” di rispetto della libertà religiosa il nostro eroe laicista non ha mancato di dispensare alle masse il suo sapiente verbo di tuttologo affermando, sempre dal suo pulpito radiofonico, quanto i cristiani fossero infedeli alla Bibbia e divisi tra di loro mentre i musulmani eccellono nella compattezza coranica, dimenticando però le fazioni in cui sono divisi gli islamici. Oppure quando per denunciare la storica violenza della Chiesa Cattolica non ha esitato a paragonala alla furia ceca del terrorista norvegese Breivik, reputato cattolico pure lui, senza sapere però che il criminale essendo un fondamentalista massone e luterano non aveva niente a che spartire con il cattolicesimo. 

Si potrebbe continuare all’infinito, ma il livello di democrazia e di saccenza del nostro eroe continuerebbero ad essere invariabilmente inversamente proporzionali. Ecco un ottimo ed esplicativo esempio di “illuminato” laicista, scarsamente avezzo alla democrazia, come potrebbe esserlo chiunque guardi di buon occhio i regimi ateistici, ma molto incline alla falsificazione ed alla menzogna.

sabato 5 gennaio 2013

Il Manicheismo, dualismo di materia e spirito.

Nel mio excursus sulle eresie a confronto con la Bibbia, questa è la volta del Manicheismo. Questa religione si originò nel III secolo nella Persia dell’Impero Sasanide per poi diffondersi in tutta l’area mediterranea dell’Impero romano ed ad est fino in India e Cina, sopravvivendo fino al XIV secolo. 

Il Manicheismo prende nome da Mani, un nobile partico affiliato alla setta giudeo-cristiana degli Elcesaiti, un gruppo di Ebioniti gnostici che si riuniva attorno ad un libro di rivelazione di un imminente giudizio. Viaggiò molto per la Persia, l’India ed il Tibet dove ebbe contatti con il buddismo. Tutte queste esperienze influenzarono molto il pensiero di Mani al punto che è possibile considerare il Manicheismo come una sorta di sincretismo religioso tra lo gnosticismo degli Elcesaiti, il cristianesimo, molto diffuso nella Persia del III secolo, il dualismo zoroastriano, la religione degli imperatori sasanidi e l’organizzazione monacale del buddismo. 

Mani raccontava che all’età di dodici anni fu illuminato dal suo alter ego celeste, lo Spirito Santo, che gli avrebbe ordinato di separarsi dagli Elcesaiti e rivelato il significato fondamentale della realtà che è la guerra tra la luce e le tenebre. A 24 anni Mani, sempre sotto l’influsso di questo Spirito Santo, si proclamò apostolo della luce e della salvezza. Durante il regno di Sapore I il Manicheismo trovò protezione e si espanse notevolmente, ma alla morte di questi nel 270 d.C., il successore Bahram I considerò lo zoroastrismo unica religione di stato e perseguitò violentemente ogni altra religione tra cui anche il manicheismo arrivando ad arrestare e far orrendamente uccidere lo stesso Mani. Il manicheismo fu perseguitato non solo dai Sasanidi, ma anche dagli imperatori romani come Diocleziano (l’autore dell’ultima sanguinosa persecuzione dei cristiani) fino a Giustiniano e dagli arabi. 

La dottrina di Mani riguarda la salvezza elaborando tutta una teoria cosmica che risente molto dello gnosticismo, nella divisione tra elemento materiale e elemento spirituale, quindi tra luce e tenebre, nella dualità del dio buono e del dio cattivo. La salvezza si otterrà solo dopo una grandiosa guerra della luce contro le tenebre, quando il bene ed il male saranno definitivamente separati in due regni differenti. In tutta questa storia Mani dice di essere l’ultimo, grande e definitivo profeta (un po’ come Maometto nell’islamismo) che viene a liberare l’uomo attraverso l’illuminazione. 

Il manicheismo, inoltre, divide i propri aderenti in due categorie: gli “eletti” e gli “uditori”. I primi costituivano la classe dirigente con una loro morale molto esigente (preghiera, digiuno, celibato), mentre i secondi erano la massa della comunità con una morale meno rigida, ma basata sul dovere di sostenere gli “eletti” con l’elemosina. 

Questa eresia pretendeva col dualismo, cioè ipotizzando un dio buono “padre delle luci”, signore del bene e un dio cattivo “principe delle tenebre”, signore del male, di dare spiegazione del male che è in noi, ma è una spiegazione falsa. Fu Agostino di Ippona, manicheo in gioventù, a demolire definitivamente la filosofia dualista manichea. Egli obiettò al vescovo manicheo Fausto, nel “Contra Faustum”, che il male non è qualcosa che riguarda l’essere, infatti tutto ciò che Dio ha fatto è buono perché deriva da Lui (Genesi 1, 31). Non esiste, perciò il male metafisico, cioè il male che riguarda l’essere in quanto tale. Quello che si intende per male fisico, perciò, non è male, ma solamente una privazione di bene, una carenza di essere, di perfezione, perché solo Dio è infinito. San Paolo scrive a Timoteo circa l’assurdità del falso rigorismo morale, come quello dualista manicheo, che proibirà ciò che Dio ha creato e che, quindi, è buono perché fatto da Lui (1 Tm 4, 1-5). 

L’unico male che esiste è il male morale, cioè il peccato, la scelta negativa contro la verità, contro l’amore, che non è qualcosa che riguarda l’essere, quindi metafisico, ma è una realtà dell’anima che si macchia di malvagità. 

Infine, nel popolo di Dio non ci sono, come pretendeva Mani, due categorie di serie”A” e di serie “B”, tutti sono chiamati alla santità. Mediante la fede e il battesimo tutti i credenti in Cristo sono insigniti della stessa dignità di figli di Dio (Gv 1, 12-13; 1 Giovanni 5, 1). Tutti sono fatti partecipi della natura divina (2 Pietro 1, 4). Non ci sono, quindi, due morali diverse, ma l’unica morale del Vangelo. 


Bibliografia 

M. Tardieu”Il Manicheismo”, Cosenza 1998 
K. Rudolph “Il Manicheismo”, in Storia delle religioni, a cura di G. Castellani, vol. IV, UTET, Torino 1971 
G. Gnoli “Il Manicheismo”, vol. I e II , Fondazione L. Valla - Mondadori, Milano 2003