venerdì 31 gennaio 2014

Lo scisma donatista

Fino al IV secolo, mentre in Oriente si erano già succedute numerose dispute teologiche suscitate dalle varie eresie, in Occidente la Cristianità non aveva ancora conosciuto delle significative obiezioni all’originaria fede apostolica custodita dalla Chiesa di Roma. Fu solo una questione pratica, diversamente dai bizantinismi tipicamente orientali, a trascinare l’Occidente in una disputa molto profonda che portò addirittura ad uno scisma. 

Tutto ebbe inizio con la vicenda di Donato, da cui il nome “Donatisti” dato a questa setta, vescovo di Casae Nigrae, in Numidia, l’odierna Algeria orientale. Con la persecuzione di Diocleziano del 303, che fu molto violenta in Africa, durante la quale furono vietate le assemblee cristiane ed imposta la consegna delle Sacre Scritture, molti cristiani per non venire uccisi e torturati caddero nell’apostasia. Costoro vennero chiamati traditores, in quanto avevano compiuto una traditio, ossia una consegna dei testi sacri ai pagani. Finita ormai la persecuzione, Donato, che era tra coloro che si opponevano ad un rientro nella Chiesa dei "traditores" e riteneva non validi i sacramenti da loro amministrati, attorno al 312 cominciò a calunniare Ceciliano, il nuovo vescovo di Cartagine, definendolo falsamente come un “traditores” e, appoggiato da una potente matrona di nome Lucilla, oppose a Ceciliano un certo Maiorino, un donatista protetto da Lucilla. Questa opposizione venne fatta da un sinodo di settanta vescovi presieduti dal primate della Numidia, Secondo da Tigisi. Questo fatto provocò un vero e proprio scisma, in quanto era stato eletto un altro vescovo a posto di quello legittimo e legalizzata un’Eucaristia contro un’altra. 

Lo scisma in breve divenne anche un’eresia in quanto per affermare che l’elezione di Ceciliano era invalida, i donatisti considerarono, anche stavolta falsamente, un traditores Felice di Aptungi, uno dei vescovi che consacrarono Ceciliano, facendo valere la teoria eretica che la validità di un sacramento dipende dalla santità del ministro. Ciò provocò una vera spaccatura all’interno della Chiesa cristiana nell’Africa romana tanto che il nuovo imperatore, Costantino, desideroso di portare ordine ed unità, intervenne subito devolvendo la questione al vescovo di Roma del tempo, che era Milziade. Si tenne, così, un Concilio al Laterano che riconobbe la legittimità dell’elezione di Ceciliano e condannò i donatisti. 

Questi, però, non accettarono il responso del Concilio romano e continuarono a compiere sommosse e violenze, per cui Costantino pensò di convocare un grande Concilio più rappresentativo nelle Gallie, lontano da Roma, come volevano i donatisti. Il grande consesso si riunì a Arles nel 314 e confermò la sentenza di Milziade, quindi la condanna dei donatisti e la legittimità di Ceciliano. Le violenze, però, non si fermarono e Costantino giocò un’ultima carta convocando a Milano sia Ceciliano che Donato, senza risolvere nulla. In Africa i donatisti divennero sempre più violenti ed arroganti finché il loro braccio armato, i circoncellioni, costituiti da fanatici senza scrupoli, arrivò a ad attaccare persino l’esercito imperiale accorso per ripristinare l’ordine. Tutto ciò, nel 350, portò ad una repressione dei donatisti da parte dell’imperatore, che all’epoca era Costante, figlio di Costantino, e Donato fu esiliato nelle Gallie dove morì nel 355. 

Nonostante la morte di Donato, in Africa continuarono le violenze dei donatisti contro i cattolici, lo scisma durò per circa un secolo, finché le argomentazioni teologiche di Ottato, vescovo di Milevi e, specialmente, l’opera di Agostino d’Ippona non diedero definitivamente il colpo di grazia al donatismo. Agostino, tra il 394 e il 403, produsse una serie di opere che confutarono completamente il donatismo dimostrando chiaramente come questa setta era stata fondata da traditores, condannata dal papa e dai Concili, e, separata dal mondo, causa di divisioni e violenze. 

In sintesi il Donatismo commise due errori fondamentali che sono quello di ritenere che il peccato escluda dalla Chiesa e, quindi, di concepire una Chiesa fatta solo di puri e l’altro, che non siano validi i sacramenti amministrati da ministri indegni. Ancora oggi questi due errori caratterizzano la perniciosa campagna d’odio e denigrazione perpetrata da molte chiese e sette che rinfacciano alla Chiesa Cattolica di non essere pura e santa. Queste accuse nascono dal fatto di concepire la Chiesa come un fatto puramente umano e prescindono dalla potenza di Cristo nella sua Chiesa che, invece, è l’elemento discriminante rispetto a qualunque altra società. 

Già nell’Antico Testamento in una delle tante confessioni pubbliche (Dn 9, 13-19) Israele si riconosce peccatore davanti a Dio, così anche la Chiesa si riconosce sempre peccatrice e sempre in un cammino di conversione. Lo stesso Gesù (Mt 23, 1-12) riconosce l’autorità degli scribi e farisei anche se la loro vita è in contraddizione con l’insegnamento che non dipende dalla vita e santità personale, ma unicamente dalle Parole del Signore. Gesù, infatti, affida al peccatore Pietro il compito di confermare nella fede i fratelli (Lc 22, 28-34), affida alla Chiesa i Sacramenti che sono il frutto della sua morte e resurrezione e, quindi, dipendono da Lui e non dalla santità o meno del sacerdote (Gv 20, 19-23). Anche Paolo, esplicitamente afferma che la fede è per la Parola del Signore non per la santità di chi l’annuncia (Rm 10, 11-17) e che il corpo mistico di Cristo, cioè la Chiesa, può avere membra deboli e sofferenti, cioè i peccatori (1 Cor 12, 18-27). 

Bibliogafia

Angelo Clemente, "Il libro nero delle eresie", Milano, Mondolibri, 2008
Catholic Encyclopedia, Volume V. New York 1909 Robert Appleton Company.

venerdì 24 gennaio 2014

La persecuzione dei cristiani






Nel IV secolo, quando la Cristianità dovette subire la prova suprema della più dura persecuzione, il vescovo di Milano, Ambrogio, commentando il salmo 18 scrisse: “Il diavolo invia molti suoi ministri per suscitare persecuzioni non soltanto al di fuori, ma anche al di dentro delle anime dei singoli. Di queste persecuzioni è stato detto: “Tutti quelli che vogliono vivere piamente in Cristo, saranno perseguitati” (2 Tm 3,12). Tutti, ha detto, senza eccezione. Infatti chi può essere eccettuato quando il Signore stesso ha sopportato i tormenti delle persecuzioni?”. 

Mai parole furono più profetiche di queste: è di questi giorni la notizia che la coppia di cristiani arrestata l’estate scorsa in Pakistan per blasfemia è stata indotta a “confessare” sotto tortura. In India le cose non vanno meglio. Lo scorso Natale una folla di attivisti del Bajrang Dal, un gruppo estremista indù, ha denunciato con l’accusa di praticare conversioni forzate due donne intente a distribuire volantini sul Cristianesimo. Nel nord della Siria ormai in mano ai ribelli estremisti, che non tollerano la presenza di non musulmani nella regione, il 20 dicembre scorso i capi jihadisti hanno impartito a padre Hanna e padre Dhiya, i due francescani caduti prigionieri assieme ai fedeli di tre villaggi, di far sparire tutte le croci, di non suonare più le campane e alle donne di coprirsi in pubblico la faccia e i capelli. I villaggi cristiani colpiti sono quelli di Knayem, Yacoubieh e Jdeideh, presso il fiume Oronte, luoghi dove la cristianità esiste sin dalle origini. Qui duemila cristiani siriani sono stati circondati e fatti prigionieri, e rischiano di venire sgozzati se non rispettano i dettami islamici. 

Questi tre recenti episodi sono gli ennesimi atti di intolleranza e persecuzione che i cristiani di tutto il mondo subiscono continuamente. E’ stato calcolato che i cristiani uccisi a motivo della loro fede sono circa 105.000 all'anno, uno ogni cinque minuti. In paesi come il Pakistan dove in teoria dovrebbero essere tutelate le minoranze religiose, il noto caso di Asia Bibi, madre di famiglia cristiana condannata nel 2009 all'impiccagione per blasfemia, ha dimostrato come la legge anti blasfemia non sia altro che un pretesto per perseguitare i cristiani e, specialmente, coloro che dall’Islam si convertono al cristianesimo. In questo paese islamico il solo fatto di convertirsi è ritenuto una blasfemia. In India dal 2008 ad oggi si è assistito ad un fortissimo incremento delle violenze contro i cristiani da parte degli Indù al punto che oltre 20.000 persone hanno dovuto cercare rifugio ed abbandonare le loro case e loro abitudini. In ogni parte del mondo le pacifiche comunità cristiane vengono crudelmente perseguitate. In Nigeria la setta islamica Boko Haram, che vuole cacciare i cristiani dal Nord del Paese per imporre un califfato islamico, ha ucciso dal 2010 ad oggi in vari attentati più di 250 cristiani inermi. 


Purtroppo l’intolleranza e la persecuzione nei confronti dei cristiani sono diffuse drammaticamente in ogni parte del mondo, in paesi come l’Algeria, l’Egitto, la Libia, la Somalia dove è stata rasa al suolo la locale cattedrale e ucciso il vescovo di Mogadiscio, il Sudan, l’Afghanistan dove la conversione al cristianesimo è punita con la morte, l’Arabia Saudita dove il cristianesimo è proibito, l’Indonesia dove in questi ultimi 15 anni sono stati uccisi oltre 950.000 cristiani, l’Iran e l’Iraq dove l’apostasia dall’Islam è punita con la morte, essere cristiani e vivere da cristiani significa mettere a repentaglio la propria vita. Il cristianesimo non è solo perseguitato dalle altre religioni, ma anche dai regimi e dalle ideologie comuniste come in Cina, dove è permessa solo una Chiesa cristiana controllata dallo Stato, o in Corea del Nord dove la dittatura comunista proibisce qualsiasi appartenenza a gruppi cristiani. 


Il Cristianesimo è senza alcun dubbio la religione di gran lunga più perseguitata della storia, dai tempi dell’impero romano fino ai nostri giorni ogni potere, sia religioso che laico, ha sempre cercato di sopprimere in ogni modo il messaggio cristiano. L’Islam integralista, che non concepisce altro che sottomissione e prevaricazione, non può sopportare la novità liberante di Cristo, il superamento delle leggi esteriori, la libertà e la pari dignità per le donne, l’Induismo non riesce ad accettare lo sgretolamento di un assurdo sistema di segregazione dell’umanità in caste di fronte all’amore di Cristo per ogni uomo che divengono così tutti uguali di fronte a Dio. 

Ma a distinguersi in questa gara d’odio è certamente l’ideologia laicista dei regimi atei, anticristiani e anticlericali. Non si possono dimenticare le orrende stragi in Vandea durante la Rivoluzione Francese, la repressione in Messico dei Cristeros, fino alle persecuzioni operate da nazisti e stalinisti e quelle dei regimi comunisti in ogni parte del mondo. Dovunque l’atea follia di una massificazione e spersonalizzazione della società ha prodotto la necessità di sopprimere il valore cristiano dato alla persona, il riconoscimento del valore di ogni vita perché proveniente da Dio. Anche nella nostra società d’oggi, sempre più secolarizzata, il Cristianesimo è calunniato, sbeffeggiato, vilipeso e deriso, perché il laicismo, per affermare l’egoismo come il principio base, ha bisogno di eliminare l’ostacolo del Cristianesimo ed imporre la sua visione della morte come la soluzione finale per ogni problema. 

Nel vangelo di Giovanni è rimasta una vivida memoria delle profetiche parole di Gesù: “Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me. Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma io vi ho scelti dal mondo, per questo il mondo vi odia” (Gv 15, 18-19). La patria di ogni cristiano è il Regno dei Cieli, non certo questo mondo malsano prigioniero dell’odio e della follia dell’uomo, ma la presenza di Cristo nel mondo è quella di una luce che non si può sopprimere, una luce capace di smascherare ogni nefandezza umana e che indica a tutti la Verità. E, questo, attira l’odio del mondo.


martedì 14 gennaio 2014

Il bavaglio alla libertà di stampa


Si susseguono, ormai senza sosta, gli episodi di intolleranza laicista legati al falso “politically correct” in materia di omosessualità e transessualità. Questa volta viene colpita la categoria dei giornalisti, infatti a dicembre scorso il Dipartimento delle Pari opportunità ha pubblicato un documento dall’inquietante titolo: “Linee guida per un'informazione rispettosa delle persone LGBT”. 

Tale documento è rivolto ai giornalisti al fine di assicurare una correttezza e professionalità dell’informazione riguardante il vissuto delle persone omosessuali e transessuali. Ovviamente non voglio mettere in discussione il dovuto rispetto che merita ogni persona, ma tale documento, dietro il paravento della correttezza dell’informazione, intende introdurre una nuova visione dell’omosessualità e della transessualità attraverso la lente distorta della teoria “gender”. Ciò significa che sesso e genere non sono sinonimi e se la biologia decide il sesso, ognuno è comunque libero di decidere di sentirsi uomo o donna. La guida, quindi, considera corretti e professionali solo i giornalisti che faranno proprio il concetto dell’omosessualità vista come una condizione normale, il fatto che tra matrimonio tradizionale e quello gay non c’è alcuna differenza, che la famiglia è unica senza distinzioni tra quella gay e tradizionale, che non esiste alcuna difficoltà per l’adozione di bambini da parte di coppie gay e così via. 

Ma la teoria “gender” è, appunto, una teoria che non poggia su alcuna prova scientifica, eppure viene imposta come una verità conclamata. Basare su una teoria indimostrata un decalogo a cui dovrebbero attenersi i giornalisti è una vera e propria assurdità, un attacco alla libertà di stampa e di pensiero. Di fatto viene impedita al giornalista cattolico, e a qualsiasi professionista di buon senso, la possibilità di esprimere liberamente la sua opinione e all’utenza di accedere ad una informazione che non sia pregiudicata dai diktat delle lobby gay. 

venerdì 3 gennaio 2014

Il presepe deriso




E' veramente curioso e di difficile lettura il concetto di offesa e vituperio che ha l'Arcigay. Il suo comitato locale di Messina ha pensato bene di "festeggiare" il via libera della Giunta comunale della città siciliana al registro delle unioni civili, imbrattando il pavimento di piazza Municipio. Un graffito raffigurava un presepe in cui nella capanna di Betlemme, con tanto di stella, il bambino Gesù è posto tra due Madonne, in modo da scimmiottare una coppia lesbica. A commento dell'"impresa" una scritta recitava: “Gesù è nato da una coppia di fatto”.


L'Arcigay ha anche dichiarato che il graffito non deve essere considerato un'offesa, ma un "messaggio forte contro le discriminazioni". Ma certo, perché i cristiani si dovrebbero risentire? Non è stata mica offesa la loro fede, non è mica stato deriso e sbeffeggiato un simbolo della loro fede, occorre anche rispettare le esigenze di ironia e sarcasmo di chi lotta per i propri diritti. Peccato, però, che non sono stati proprio questi i comportamenti che hanno caratterizzato la reazione dell'Arcigay dopo le innocue dichiarazioni di Guido Barilla di settembre scorso. Mi ricordo perfettamente, a seguito di normalissime e per niente offensive parole dell'imprenditore, le proteste e le minacce a tutti livelli, anche politico, che costrinsero il povero Barilla ad un'umiliante ritrattazione. Ovviamente è solo l'Arcigay che può stabilire ciò che è offensivo e ciò che, invece, rientra nella normale ironia. Stranamente, però, il tutto verso un solo senso.

Ecco un altro bell'esempio del senso democratico tipico del laicista, l'offesa diretta al cristiano è una satira, la critica verso le assurde pretese delle lobby gay, solo delle discriminazioni.