martedì 30 giugno 2015

L'ingerenza della Chiesa

Un equivoco di fondo si genera spesso nella frequente accusa di ingerenza negli affari interni di uno Stato laico che i laicisti rivolgono contro la Chiesa. La condanna della pratica dell’aborto, la difesa della famiglia naturale o la censura dell’eutanasia, sono iniziative viste dai laicisti come prevaricazioni, limitazioni della sovranità dello Stato mentre, invece, riguardano le violazioni della morale umana naturale che è comune a tutti gli uomini. La Chiesa, quindi, auspicando e richiamando il rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo non fa alcuna ingerenza negli affari interni di uno Stato, ma denuncia le violazioni della morale umana naturale dell’uomo, che non coincide affatto con la dottrina cattolica, ma è quella legge non scritta, ma presente nella natura umana, che è da sempre alla base dell’ordinamento giuridico della società umana. 

Il fatto che esista un ordine di natura su cui poter basare una morale è certamente un’evidenza tra le più attestate nella storia dell’uomo, e lo è anche a prescindere dall’adesione ad un credo religioso. Infatti molto prima dei principi ispirati al vangelo e resi noti dalle opere dei Padri della chiesa e dal pensiero cristiano medioevale, da Gregorio Magno a Tommaso d’Aquino, già nel pensiero classico, greco e romano, dalle leggi superiori non scritte di Sofocle ed Eraclio, al “giusto e l’ingiusto per natura” di Aristotele fino al diritto naturale di Seneca, si cerca un ordine di natura su cui basare una morale. Quando, in Europa, la Riforma protestante rompe l’unità religiosa favorendo uno sviluppo maggiore del pensiero laico, l’idea dell’esistenza di una legge morale superiore non tramonta affatto, ma, anzi, trova più forza ispirandosi al razionalismo cartesiano. E’ l’epoca di Alberico Gentili che reputa la guerra di aggressione come un atto contro natura, quella di Jean Bodin che fonda su un sentimento naturale la legittimità dello Stato. Per il filosofo Ugo Grozio il diritto positivo si fonda su princìpi universalmente validi, scaturiti dalla natura razionale dell'uomo. All’idea dell’esistenza di uno “stato naturale” fa riferimento anche il “contratto sociale” degli illuministi Hobbes, Rousseau e Locke. Questa morale, svincolata dall’ambito confessionale, ha trovato espressione nel diritto positivo attraverso le dichiarazione dei diritti dell’uomo d’impronta illuminista, fino ai tribunali speciali per i crimini di guerra, per arrivare poi alle convenzioni internazionali per la tutela dei diritti dell’uomo, che salvaguardano il diritto alla vita, all’integrità fisica, la libertà di espressione del pensiero, la libertà religiosa, ecc. come assiomi di un diritto naturale che si impone alla ragione.

Quali obiezioni a tutto questo? Poche, frammentarie e fumose. Alcuni filosofi, come ad esempio Norberto Bobbio, parlano di una difficoltà nell'individuare il senso della “natura”, ed alcuni giuristi che alludono ad una ambiguità del concetto di diritto naturale. Ma si tratta, a mio avviso, di cavilli, difficoltà di poco conto, strumentali, inutilmente puntigliose nel dettaglio e cieche di fronte all’evidenza. Un’evidenza che si è palesata, ad esempio, nel 1999 davanti all’ingresso della Nassau Hall, all’Università di Princeton, quando decine di disabili manifestarono contro l’assunzione alla locale cattedra di bioetica del filosofo ateo Peter Singer. Questo signore, che non crede nei diritti umani universali, è la prova vivente di cosa è possibile senza una legge morale universale. Nel suo libro del 1994 “Rethinking life and death” Singer nega l’eguaglianza umana e sostiene quella che lui definisce “etica della qualità della vita”. In tale etica il diritto alla vita non dipende dal fatto di essere un umano, che non ha di per se un valore morale, ma del suo grado di qualità della vita. Così, visto che un neonato non ha alcun diritto alla vita, può essere ucciso se i genitori e i medici decidono che questo sia il meglio. Secondo Singer l’assassinio è una risposta accettabile alle difficoltà di avere un bambino con un difetto dalla nascita. Mi sembra opportuno ricordare che dopo la Seconda guerra mondiale molti medici tedeschi furono impiccati per crimini contro l’umanità per aver ucciso bambini disabili. Ma per Peter Singer non esiste alcuna legge morale e, quindi, l’infanticidio, ma anche l’eutanasia di disabili, malati ed anziani, può essere una pratica accettabile. Se davvero non esistesse una legge morale universale, dovremmo scusarci per aver giustiziato quei medici.

Mi sembra, quindi, che non sia corretto accusare la Chiesa di ingerenza negli affari interni di uno Stato laico, se la sua azione è volta a richiamare al rispetto della morale naturale. Anche per il laico è possibile appoggiare la propria morale sul diritto naturale. Viceversa si avrebbe una sola strada: basare il diritto sulla propria volontà, secondo criteri elaborati artificialmente, per cui sarà possibile chiamare famiglia le non famiglia; non persona la persona con handicap; non umano l’uomo allo stato embrionale, secondo principi che possiamo anche definire della massima felicità dei più o anche della sofferenza dei meno. In questo senso si dà una parvenza utilitaristica e razionale al diritto, che però quando l’utilità è dei più forti a scapito dei più deboli è solo brutale e arbitraria violenza.


Bibliografia

Francesco Adorno, Tullio Gregory e Valerio Verra "Storia della filosofia" vol. 2, Editori Laterza, 1973;
Guido Fassò, "Storia della filosofia del diritto". I. Antichità e medioevo, Editori Laterza, 2003
Guido Fassò, "Storia della filosofia del diritto". II. L'età moderna, Editori Laterza, 2003
Guido Fassò, "Storia della filosofia del diritto". III. Ottocento e novecento, Editori Laterza, 2003
Antonio Metro, "Le fonti del diritto romano", Casa Editrice Genal, 2005
Nicola Abbagnano, "Storia della filosofia". Volume 2. Gruppo Editoriale L'Espresso, 2006.

Nessun commento:

Posta un commento