venerdì 29 settembre 2017

Conclusioni

Come abbiamo visto tutte le incredibili scoperte e le sconvolgenti rivelazioni che propugnano questi testi sono basate sul nulla. Senza dover avere una competenza specifica o possedere particolari mezzi di indagine è facilissimo rendersi conto autonomamente dell’inconsistenza di tali argomentazioni. Non è mai esistito un Priorato di Sion, se non quello del secolo scorso inventato da uno spostato come Plantard, i famosi vangeli gnostici non riportano alcuna notizia di matrimoni di Gesù, la chiesa Cattolica non ha nascosto o trafugato alcunché di scomodo, i famosi “documenti segreti” nascosti nella Biblioteca Nazionale di Parigi sono un’autentica bufala, la nascita e la scomparsa dei Templari o le crociate albigesi sono state determinate da motivazioni storiche serie e dimostrate, non certo dalle buffonate sparate da D. Brown e soci.

Si potrebbe obiettare che D. Brown, avendo scritto solo un romanzo, aveva legittimamente la licenza di inventare per piegare la storia ai propri fini. Certo, ma allora perché inserire, a pag. 9 del suo libro, una nota con cui si assicura che tutti i documenti, rituali e rivelazioni varie rispecchiano la realtà? Perché ne “Il Codice da Vinci” sono riportati pari pari contenuti e teorie di altri testi che romanzi non sono, ma che, anzi, hanno il coraggio di reputarsi dei libri storici? Prova di ciò è stata l’azione legale di M. Baigent, R. Leigth ed H. Lincoln contro D. Brown per il presunto plagio del loro “The Holy Blood and the Holy Graal”. Disputa legale vinta poi da D. Brown (il film prodotto dalla Sony era pronto ad uscire…). Appare, comunque, troppo comodo lanciare il sasso nello stagno e nascondere poi la mano. E’ come se qualcuno scrivesse e divulgasse universalmente, mentendo spudoratamente, peste e corna di persone a noi care giustificandosi poi che si tratta solo di un romanzo. Nei suoi precedenti libri, come ad esempio “Angeli e demoni”, D. Brown ugualmente attacca i cristiani e la Chiesa Cattolica, ma almeno ha il buon gusto di non offendere la loro fede. Questi libri, infatti, non suscitarono alcun scandalo, tanto è vero che prima de “Il Codice da Vinci” pochissimi sapevano dell’esistenza di tali romanzi. Per riuscire a conferire fascino ed attrazione ai suoi libri, D. Brown ha avuto bisogno di offendere e denigrare le basi della fede cristiana ammantando la sua storia di un alone di falsa veridicità. D. Brown non si è fatto alcun scrupolo di avvertire il lettore che stava leggendo una falsità, calpestando ed infamando, così, la Chiesa Cattolica e la fede cristiana di milioni di credenti.

Resta, infine, una domanda: come mai questa letteratura ha avuto tutto questo successo? Perché l’opinione pubblica gli ha tributato un tale trionfo? 
Anche se palesemente falso ed inverosimile, tutto ciò che può screditare la chiesa ed i cristiani è bene accetto. Nessuno si fece troppi problemi a credere al falso di Morton Smith, il vangelo segreto di Marco, era troppo allettante poter ritrovare l’omosessualità tra i primi cristiani, provare la disonestà della chiesa e decretare l’inaffidabilità della tradizione apostolica. Passare sopra la dignità religiosa e la mancanza di rispetto verso il credo cristiano è la peculiare caratteristica della nostra società secolarizzata. I cristiani costituiscono, oggi, l’unica voce a difesa dei valori della vita, della famiglia, della dignità umana. Al contrario dell’imperante “Politically correct”, la voce cristiana ha il coraggio e la fermezza per ribadire e difendere i nostri valori fondamentali. Ella richiama ad una seria e responsabile valutazione degli aspetti della nostra vita, dei nostri costumi, delle nostre abitudini. Tutto ciò disturba le coscienze obnubilate, il commercio dei profilattici, l’industria dell’aborto, la manipolazione genetica umana, ecc… Tutto ciò è visto come indebita ingerenza in uno stato laico, mentre la nostra società è fatta a pezzi dal degrado morale, è dominata dalla pubblicità che impone i suoi modelli consumistici, è ingannata da scelte politiche di morte. Una società falsa ed ipocrita dove imperversa la dittatura del politicamente corretto, che sta attenta alla pagliuzza di condannare l’insulto “frocio”, ma ingoia tranquillamente il cammello dell’aborto, dove è giustamente condannato il disprezzo, sempre che non si sia fumatori, obesi, pedofili, nazisti o cristiani. Una simile società non può essere altro che l’ambiente perfetto per accogliere trionfalmente un’immondizia come Il Codice da Vinci”, che, deleggittimando la Chiesa, demolisce il rispetto di Dio fornendo falsi alibi. Questa china pericolosa intrapresa dalla nostra società ha origini antiche, è il frutto del progressivo abbandono dei valori, dell’inculturazione religiosa. Già papa Giovanni Paolo II, avvertendo questo pericolo, prima di morire, profeticamente esortava con questa parole la società contemporanea: «Nell’impiego e nella recezione degli strumenti di comunicazione urgono sia un’opera educativa al senso critico, animato dalla passione per la verità, sia un’opera dì difesa della libertà, del rispetto alla dignità personale, dell’elevazione dell’autentica cultura dei popoli, mediante il rifiuto fermo e coraggioso di ogni forma dì monopolizzazione e di manipolazione. Né a quest’opera di difesa si ferma la responsabilità pastorale dei fedeli laici: su tutte le strade del mondo, anche su quelle maestre della stampa, del cinema, della radio, della televisione e del teatro, dev’essere annunciato il Vangelo che salva». (Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica Christifideles laici n. 44).

Eppure da tutta questa vicenda è possibile scorgere un lato positivo. Il libro di D. Brown ha indubbiamente portato all’attenzione di milioni di persone argomenti che normalmente sono riservati alle ristrette cerchie degli esperti del settore. Moltissima gente avrà cominciato a farsi delle domande e, magari, iniziato un cammino di ricerca. Una chiave di lettura del successo di D. Brown può anche essere quella di aver stimolato l’innata esigenza presente in ognuno di noi di ricercare la verità. Curiosamente, di tutto il Nuovo Testamento, lo scritto più antico giunto sino a noi, il papiro Rylands P52, riporta proprio le parole di Pilato davanti a Gesù: «Che cos’è la Verità?». 

Ringrazio il lettore per la scelta accordata e la pazienza dimostrata nel seguire le varie puntate di questa analisi storica su uno dei più famosi best sellers librari di questi ultimi anni.
La speranza è quella di non aver annoiato. 


FONTI 
-EUSEBIO DI CESAREA “Storia Ecclesiastica”
-GIUSEPPE FLAVIO “Antichità Giudaiche”
-GIUSEPPE FLAVIO “Guerra Giudaica”
-PAPIA di GERAPOLI “Esposizione dei loghia del Signore”
-S. GIROLAMO “Epistolario”
-S. GIUSTINO “Apologia”
-S. IRENEO DI LIONE “ Adversus haereses”



BIBLIOGRAFIA

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venerdì 22 settembre 2017

Pietro Grasso e i suoi appelli: quando è meglio tacere.

Ieri sera stavo tranquillamente preparando la cena ascoltando di sottofondo il telegiornale delle 20, quando compare in video il volto contrito del presidente del Senato Pietro Grasso. Sorpreso da tale apparizione improvvisa ascolto il suo "messaggio agli italiani" rimanendone stupefatto ed allibito. Riferendosi all'atroce vicenda della morte di Nicolina, la quindicenne uccisa a Ischitella, in provincia di Foggia, dall'ex compagno della madre, la seconda carica dello Stato ha pensato bene di diffondere il seguente messaggio: "A nome di tutti gli uomini ti chiedo scusa. Finché tutto questo verrà considerato un problema delle donne, non c'è speranza. Scusateci tutte, è colpa nostra, è colpa degli uomini, non abbiamo ancora imparato che siamo noi uomini a dover evitare questo problema, a dover sempre rispettarvi, a dover sradicare quel diffuso sentire che vi costringe a stare attente a come vestite, a non poter tornare a casa da sole la sera. E' un problema che parte dagli uomini e solo noi uomini possiamo porvi rimedio".

Pietro Grasso chiede scusa a nome di tutti gli uomini e, quindi, lo farebbe anche a nome mio. E che significa questo? Cosa potevo fare per evitare la morte della povera ragazza? Sarà stata responsabilità delle forze dell'ordine o dell'apparato giudiziario che non sono stati in grado di evitare questa violenza. Cosa c'entrano gli "uomini"? O, forse, si parla di una responsabilità morale degli "uomini". Quindi io, in quanto "uomo", avrei parte di tale responsabilità, come se ogni uomo sia potenzialmente un violentatore ed un assassino di donne. Il presidente del Senato, infatti, dice apertamente che è colpa degli "uomini". E quali? Tutti? Quindi è anche colpa mia. 

Mi chiedo se Pietro Grasso è veramente cosciente di quello che va dicendo, perché mai dovrebbe essere anche colpa mia? Cosa ne sa Pietro Grasso della mia vita, della mia integrità morale, del mio rispetto profondissimo per tutte le persone e la loro dignità. Cosa ne sa Pietro Grasso del mio sconforto, rabbia, angoscia, per l'uccisione di ogni persona? Ma, soprattutto, cosa ne sa Pietro Grasso della rettitudine morale di milioni di persone che vivono in questo paese? Persone per bene, che, come me, inorridiscono e sono scandalizzate da tali violenze.

A differenza di Pietro Grasso, parlo di persone, non di "uomini" o "donne", "maschi" o "femmine". Queste distinzioni le lascio a Pietro Grasso e alla sua visione sessista, al suo dividere la società tra "uomini" e "donne". Che senso ha tale distinzione? Esiste per caso una comunità degli "uomini" ed una delle "donne", o non siamo forse un'unica società? La responsabilità di non aver saputo proteggere quella ragazza è solo degli "uomini", oppure dell'intera società? L'insegnamento morale scadente impartito ai ragazzi, gli esempi ed i modelli che la società propone loro, che generano o favoriscono la mentalità aberrante che porta a tali omicidi, è responsabilità dei soli "uomini" oppure è un problema che investe l'intera società? 

La società umana non è come la descrive Pietro Grasso, non è dividendo la figura maschile da quella femminile che si costruisce una società più giusta. Non sono le assurdità delle "quote rosa", la storpiatura della lingua italiana, con termini orribili come "sindaca" o "ingegnera", oppure la criminalizzazione del genere maschile, ad educare e prevenire la cosiddetta violenza di "genere". Servono i valori veri sul rispetto della persona e della vita, bisognerebbe considerare le persone per le loro competenze, le loro capacità, affidabilità, capacità di relazionarsi, per il loro pensiero, senza stare a distinguere se sono maschi o femmine. L'uomo è maschio e femmina, un'unica "entità" che caratterizza la grandezza dell'umanità.