venerdì 22 maggio 2015

Il monofisismo, un Cristo solo divino

Da un punto di vista teologico il V secolo dell’era cristiana è stato indubbiamente molto travagliato. La disputa principale che opponeva vari esponenti della Chiesa, e delle comunità cristiane, era per lo più incentrata sulla figura del Cristo. L’eresia ariana, che si sviluppò nel secolo precedente e che si diffuse enormemente, negando la divinità del Cristo, determinò, per reazione, la nascita di tutta una serie di visioni teologiche che, per esaltare la divinità del Cristo, finirono per negare la sua piena umanità. Questo fu il caso di eresie come l’Apollinarismo e più tardi del Monotelismo, che abbiamo già visto, e di tutta una serie di visioni che variamente negano la piena umanità del Cristo racchiuse nel termine tecnico di monofisismo.

Questo termine deriva dal greco monos, “unico”, e physis, “natura” alludendo proprio alla detrazione di qualcosa all’integrità della natura umana del Cristo e, quindi, al riconoscimento della sola natura divina. Il massimo esponente di tale pensiero fu un monaco archimandrita di un monastero di Costantinopoli, Eutiche, che nel 448 entrò nella disputa teologica per opporsi a Nestorio. Come sappiamo quest’ultimo sosteneva che in Cristo esistessero due persone, ma per Eutiche, in realtà, prima dell’incarnazione, Cristo possedeva due nature, umana e divina, che divennero una sola, cioè divina, perché si fusero insieme, come delle gocce d’acqua nel mare. Era una visione che si opponeva radicalmente al credo apostolico formalizzato a Nicea nel 431 e, così, fu avversato dal vescovo di Dorilea, Eusebio, lo stesso che vent’anni prima, nel 428, aveva già accusato Nestorio. In seguito a questa accusa un sinodo a Costantinopoli, presieduto dal patriarca Flaviano, condannò la cristologia di Eutiche, che ricevette anche una censura da parte del papa, Leone Magno, riportata nel suo Tomus ad Flavianum, un autentico gioiello della teologia latina. 

Ma Eutiche poteva contare su un’amicizia molto influente alla corte dell’imperatore Teodosio II, il potentissimo eunuco Crisafio, vero regnante dell’impero e nemico giurato di Flaviano. Crisafio convinse l’imperatore a revocare le conclusioni del sinodo e a dare mandato al nuovo vescovo di Alessandria, Dioscoro, successore di Cirillo, di indire un nuovo Concilio. Questo si svolse ad Efeso nel 449 e dichiarò l’insegnamento di Eutiche ortodosso. Il Concilio riabilitò pienamente Eutiche e scomunicò tutti i più importanti teologi antiocheni tra cui Eusebio di Dorileo e Teodoreto di Ciro. Durante il Concilio Crisafio fece duramente picchiare il patriarca Flaviano, strenuo difensore della duplice natura umana e divina di Cristo, al punto che per i maltrattamenti ricevuti morì poco dopo in Lidia, dove era stato esiliato. Venuto a conoscenza di tutto questo papa Leone Magno definì il Concilio un “latrocinium Efesinium”, cioè il latrocinio di Efeso. 

Rimasto molto addolorato di questo Concilio, papa Leone espresse all’imperatore la volontà di convocarne uno vero, ma Teodosio II, che patteggiava per Eutiche, spinto da Crisafio, non diede alcuna speranza al papa. Nel 450, però, Teodosio II morì improvvisamente per una caduta di cavallo e gli successe la sorella Pulcheria con il marito Marciano, due persone pie, ortodosse e fedeli alla sede apostolica, mentre Crisafio, secondo lo storico bizantino Malalas, fu linciato dalla popolazione di Costantinopoli inferocita per le sue angherie. Fu, così, convocato il Concilio desiderato dal papa che si riunì definitivamente a Calcedonia nel 451, e, seguendo la linea teologica del Tomo di Leone, fu definitivamente condannata la formula monofisita di Eutiche e confermata quella dottrinale ortodossa, cioè l’unità di Cristo come persona, quindi il rifiuto dell’eresia nestoriana, come era stato proclamato al primo Concilio di Efeso, e la dualità delle nature, cioè che il Verbo di Dio è consustanziale a Dio, per la natura divina, e agli uomini, per la natura umana.

Tutta questa vicenda ci testimonia, ancora una volta, quanti pericoli di confusione e di erosione ha corso durante i secoli l’originale fede apostolica. Solo l’esistenza della roccia costituita dalla sede apostolica di Roma ha permesso di mantenere immutata la verità del vangelo. Durante il Concilio di Calcedonia, una volta letto il Tomo di Leone, tutta l’assemblea acclama a gran voce, com’era d’uso a quel tempo, che lo stesso apostolo Pietro ha parlato per bocca di Leone, riconoscendo che il vescovo di Roma, successore di Pietro, gode della stessa infallibilità che Cristo ha dato a Pietro. E’ il vangelo annunciato dalla Chiesa ad essere la luce e la norma della fede, questo ci presenta la realtà della natura umana di Cristo, che non si dissolve e non si trasforma con l’incarnazione, cioè non diviene una semplice apparenza, ma mantiene le sue proprietà, le sue caratteristiche e la sua integrità. Secondo la narrazione del vangelo Gesù ha una vera natura umana come la nostra, come ogni bambino degli Ebrei viene circonciso, presentato al Tempio, cresce e si fortifica (Lc 2, 21-40), ha paura della morte e suda sangue (Lc 22, 39-44), ha costruito la pace tra noi e Dio per mezzo della sua carne, attraverso la croce (Efesini 2, 11-17). 

Il Verbo di Dio si è fatto carne, cioè è uomo veramente, e ha posto la sua tenda in mezzo a noi (Gv 1, 14-18).



Bibliografia

Catholic Encyclopedia, Volume I. New York 1907, Robert Appleton Company;
Battista Mondin “Dizionario dei teologi” Edizioni Studio Domenica, Bologna 1992
Giovanni Filoramo, D. Menozzi (a cura di), "Storia del Cristianesimo", I, Roma-Bari 1997;
Antonio Olmi “Il consenso cristologico tra le chiese calcedonesi e le non calcedonesi” Editrice Pontificia Università Gregoriana, Roma 2003;
Potestà, Gian Luca , Vian, Giovanni "Storia del Cristianesimo" Il Mulino, Bologna 2010. 
http://it.wikipedia.org/wiki/Crisafio
http://it.wikipedia.org/wiki/Monofisismo

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