giovedì 5 novembre 2015

Le persecuzioni dei cristiani, mito o storia?

Le continue violenze che i cristiani subiscono in ogni parte del mondo riportano alla mente i primi secoli dell’era cristiana quando le primitive comunità dovettero subire l’aggressiva intolleranza popolare e la dura persecuzione che diversi imperatori scatenarono contro di loro. Oggi, come allora, la fede in Cristo è ritenuta assurda e condannata in modo che i cristiani sono costretti a testimoniare la loro fede attraverso la terribile esperienza del martirio.  

Agli inizi dell’era cristiana le persecuzioni provennero unicamente dal Sinedrio di Gerusalemme, le autorità giudaiche si accanivano contro i cristiani accusandoli di empietà e bestemmia. Scoppiato un incendio a Roma nel 64 d.C. l’imperatore Nerone ne accusò i cristiani e organizzò la prima persecuzione, si trattava di trovare dei responsabili, così fu accusata la comunità cristiana una minoranza facilmente vulnerabile ed invisa alla popolazione. Da quell’episodio tutta una serie di uccisioni: nel 107 il vescovo di Antiochia Ignazio viene martirizzato a Roma, nel 155 viene ucciso il vescovo di Smirne, Policarpo, nel 177 vengono uccisi i martiri di Lione, nel 203 a Cartagine il martirio di Felicita e Perpetua e così via. Si trattò all’inizio di violenze ed uccisioni estemporanee per poi divenire organizzate e sistematiche nelle grandi persecuzioni di Massimino (235 d.C.), di Decio (250d.C.) e di Diocleziano e Galerio (303 d.C.).

Nonostante tali fatti siano largamente accettati dagli storici, ogni tanto saltano fuori delle analisi pseudostoriche che attaccano il cristianesimo per denigrarne i caratteri storici e trasformarli in miti. Si tratta di operazioni che affondano le loro radici nella falsa storiografia ottocentesca nata dalla corrente anticattolica dell’illuminismo. Nella fattispecie alcuni pseudostorici ridimensionano la portata delle persecuzioni che subirono i cristiani e le relega a semplici scaramucce tra l’autorità imperiale e bande di agitatori e sobillatori. E’ questo il caso, ad esempio, del libro “Il mito della persecuzione: come la prima cristianità ha inventato una storia di martirio” della prof.ssa Candida Moss ordinaria di Nuovo Testamento e Cristianesimo antico dell'Università di Notre Dame, Indiana, USA. Scrive la professoressa nel suo libro:

La storia tradizionale del martirio cristiano è errata. I cristiani non erano costantemente perseguitati, diffamati o presi di mira dai romani. Davvero pochi cristiani morirono, e quando morivano, venivano spesso condannati per quelle che nel mondo moderno chiameremo ragioni politiche. C'è una differenza tra persecuzione e processo. Un persecutore prende di mira rappresentanti di un gruppo specifico per una punizione immeritata meramente a causa della loro partecipazione in quel gruppo. Un individuo è processato perché quella persona ha infranto la legge […] convalidata e continua persecuzione. Gli striduli lamenti degli antichi cristiani che dicono che i romani erano sempre in agguato là fuori per catturarli erano   esagerati” (Candida Moss ”The Myth of Persecution: How Early Christians Invented a Story of Martyrdom” New York: HarperOne, 2013, pag. 159).

Indubbiamente le persecuzioni che subirono i cristiani nei primi tre secoli non furono continue, ai vari pogrom si alternarono lunghi periodi di tranquillità. Ciò non toglie, però, che anche in tali periodi i cristiani erano sempre potenzialmente perseguibili. Ciò è provato da molti documenti che testimoniano come i cristiani fossero costantemente in pericolo per la loro fede anche in periodi lontani dagli anni delle persecuzioni ufficiali. Il rescritto dell’imperatore Adriano a Minucio Fundano, proconsole d’Asia (Eusebio, HE IV, 9; Giustino, Apologia I, 68) con il quale, nel 122 d.C., si prescrive l’azione giudiziaria contro i cristiani solo sulla base di prove certe, quello dell’imperatore Traiano al governatore del Ponto e Bitinia, Plinio il giovane, del 112 d.C., (Plinio, Ep. X, 7) dello stesso tenore, oppure la raccomandazione, del 140 d.C., alle città greche, dell’imperatore Antonino Pio, di non fabbricare “storie” riguardo ai cristiani (Eusebio, HE IV, 26, 10) testimoniano come i cristiani fossero costantemente oggetto di denunce ed accuse da parte della popolazione pagana dell’impero. E queste reazioni degli imperatori provano come tali denunce non riguardarono presunte infrazioni della legge, ma partivano dal diffuso pregiudizio e dall’odio esistente allora verso i cristiani. E’ il famoso storico Tacito a darci prova di tale odio. Nei suoi Annali, scritti attorno al 112 d.C., descrive i cristiani (Ann. XV, 44) come invisi al popolo “a causa delle loro nefandezze”, e che la loro fede era una “esiziale superstitio”, vengono definiti “rei” e “meritevoli di pene severissime”, sono accusati di “odio del genere umano”. Ma non solo, molti altri li accusavano di costumi depravati, di omicidi rituali, di incesti. Illuminante, in tal senso, è la testimonianza di Minucio Felice, un apologista del II secolo, che nel suo Octavius riporta un’orazione contro i cristiani di un avvocato e retore, Frontone, nella quale vengono elencati tutta una serie di nefandezze, tra cui incesti ed omicidi rituali, di cui sarebbero responsabili i cristiani (Octavius VIII,4-IX,7). Quest’odio, talmente diffuso e radicato, giustifica ciò che, in quegli stessi anni, il cristiano Giustino di Nablus, rivolgendosi ad un altro accusatore del cristianesimo, il filosofo cinico Crescente, ebbe a dire: “Veramente è ingiusto ritenere per filosofo colui che, a nostro danno, rende pubblicamente testimonianza di cose che non conosce, dicendo che i Cristiani sono atei e scellerati; e dice ciò per ricavarne grazia e favore presso la folla, che resta ingannata” (II Apologia VIII).         
Proprio per quest’odio, nel 64 d.C., in occasione del grande incendio di Roma, l’imperatore Nerone ha gioco facile nell’incolpare i reietti cristiani, dando inizio così alla stagione delle persecuzioni anche in Occidente, dopo quelle che i primissimi cristiani subirono da parte della autorità ebraiche in Oriente. Ma, anche qui, secondo Candida Moss, esistono delle difficoltà, infatti scrive:

Nerone addossò la colpa e inflisse le più squisite torture su coloro che erano odiati per i loro abomini (pag. 138). Ciò non significa che questa storia sia completamente degna di fede. Bisogna esercitare qualche cautela quando si arriva a trattare Tacito. Gli Annali di Tacito risalgono agli anni 115-120, almeno 50 anni dopo gli eventi che descrive. Il suo uso del termine ''Cristiano'' è in qualche modo anacronistico. È altamente improbabile, al tempo in cui accadde il Grande Incendio, che qualcuno riconosca i seguaci di Gesù usando il nome ''Cristiani'' fino, come minimo, giusto alla fine del primo secolo.  Se i seguaci di Gesù non furono neppure identificati come cristiani, è altamente improbabile che i cristiani fossero ben noti e malvisti abbastanza da poterli Nerone selezionarli come capro espiatorio. Appare più probabile che la discussione di Tacito degli eventi di Roma intorno al tempo dell'Incendio rifletta la sua personale situazione intorno al 115. Tacito è evidenza della crescente animosità popolare verso i cristiani nel secondo secolo, ma egli non offre evidenza della loro persecuzione nel primo” (pag. 139).

Tesi, a mio avviso, insostenibile. Infatti non è storicamente possibile affermare che non siano esistiti cristiani a Roma nel 64 d.C. Innanzitutto abbiamo la lettera di Paolo di Tarso ai cristiani di Roma, comunemente datata al 57 d.C., che testimonia la presenza nella capitale dell’impero di un’importante comunità “nota in tutto il mondo per la loro grande fede” (Rm 1, 8). A conferma dell’esistenza di una comunità cristiana a Roma nel 64 d.C. anche la notizia presente negli Atti degli Apostoli (18, 1–2) che riguarda una coppia di coniugi giudeo-cristiani, Aquila e Priscilla, profughi provenienti da Roma in quanto espulsi dall’imperatore Claudio ed incontrati da Paolo di Tarso a Corinto. Notizia, tra l’altro, confermata dallo storico Svetonio (Vita di Claudio 25, 4). La Moss dice che Tacito è anacronistico a chiamare i cristiani in tal modo riferendosi al grande incendio di Roma del 64 d.C., ma non è solo lui a farlo. Anche Svetonio riporta di una persecuzione subita dai cristiani: “Furono puniti i cristiani, un gruppo di persone dedite a una superstizione nuova e malefica” (Nero 16, 2). Anche Svetonio si confonde? Improbabile. Svetonio ricoprì, fino all’anno 122 d.C., l’importante incarico di archivista (procurator a studiis), segretario (ab epistulis) e bibliotecario (a bibliothecis) dell’imperatore Adriano, ed anche Tacito ricoprì ruoli molto importanti. Fu pretore, oratore, consul suffectus e proconsole in Asia e per la sua posizione politica, aveva accesso agli acta senatus, ovvero i verbali delle sedute del senato romano, e gli acta diurna populi Romani, ovvero gli atti governativi e le notizie su ciò che accadeva giorno per giorno. Appare estremamente improbabile che personalità del genere potessero incorrere in errori storici così grossolani.

A differenza delle comunità ebraiche sparse in tutto l’impero, sempre turbolente e di difficile gestione da parte delle autorità romane, come conferma la notizia di Svetonio (Nero 16, 2), i cristiani viceversa sono descritti dalle fonti come gente pacifica e rispettosa delle leggi. Ad esempio Eusebio ci narra dei controlli fatti eseguire dall’imperatore Domiziano sulle prime comunità giudeocristiane che accertano solo la presenza di pacifici contadini (Eusebio, H. E. III, 19.20, 1-6), le indagini del governatore della Bitinia, Plinio il giovane, che testimoniano gli usi e i costumi assolutamente pacifici dei cristiani (Epist. X, 96, 1-9), le notizie di pacifismo e virtù dei cristiani in Galeno (De sentent. Pol. Plat), Luciano di Samosata (De morte Per. XI-XIII), ecc. I cristiani non intendono affatto sovvertire l’ordine costituito: Paolo raccomanda la fedeltà alle istituzioni civili (Rm 13, 1) e che si preghi affinché i governanti possano agire con giustizia (1 Tm 2, 1-2). Ma, allora, da dove tutto l’odio che i cristiani si sono attirati fino ad arrivare alle persecuzioni sistematiche? Il fatto è che i cristiani non possedevano alcuno statuto giuridico all’interno dell’impero, agli occhi dei pagani costituivano un culto sconosciuto, straniero che non corrisponde alla tradizione degli antenati e che non ha ricevuto pubblico riconoscimento. Infatti fin dall’epoca antica presso i romani vigeva la prescrizione, attribuita al re Numa e riportata da Cicerone, che: “Nessuno abbia proprie divinità nuove o straniere, non riconosciute pubblicamente” (De legibus II, 8, 19). Gli ebrei erano, invece, dispensati dal culto ufficiale per il rispetto dovuto alla loro religione. Tacito scrive, infatti: “I riti dei Giudei, ad esempio, per quanto diversi da quelli di tutti gli altri popoli, vanno difesi per la loro antichità” (Historiae, V, 5, 1). Tutto ciò spiega il fatto che gli ebrei non furono mai perseguitati per la loro religione, ma solo perché perturbatori dell’ordine costituito.


L’atteggiamento dei cristiani, invece, fu sempre caratterizzato da un lealismo verso l’impero e da ostilità verso le pratiche religiose da esso imposte. Ciò procurò loro, nei primi secoli, disprezzo e qualche persecuzione, ma col passare del tempo, l’indebolimento e lo sfaldamento della società pagana, la minaccia dei nemici alle frontiere, indusse gli imperatori a puntare sulla religione degli antenati come elemento di coesione nazionale, quindi iniziarono le grandi persecuzioni sistematiche. Ma fu un tentativo disperato che fallì miseramente perché anacronistico, il cristianesimo aveva già fatto conoscere l’umanità e la giustizia sociale di cui la società pagana era drammaticamente carente e nessuno era ormai disposto a tornare indietro.



Bibliografia

M. Sordi “Il cristianesimo e Roma” Cappelli, Bologna, 1965;
S. Prete “Cristianesimo e impero romano” Patron, Bologna 1974;
A. Amore “I martiri di Roma” Antonianum, Roma, 1975;
J. Moreau “La persecuzione del cristianesimo nell’impero romano” Paideia, Brescia, 1977;
G. Jossa “I cristiani e l'impero romano da Tiberio a Marco Aurelio” Carocci, Roma, 2000;
A. Sacchi “Lettera ai Romani” Città Nuova 2000;
A. Pitta “Lettera ai Romani” Edizioni Paoline 2001;
M. Sordi “I cristiani e l’impero romano” Editoriale Jaca Book Spa, Milano 2004.
www.Christianismus.it

2 commenti:

  1. Tutto confutato da studiosi accademici seri.

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    1. Salve, Paolo Martin, e quali sarebbero queste confutazioni "serie"?

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